” ….. Camminando lungo un tunnel stretto e scuro dell’Alhambra, ai miei occhi comparve, sereno, silenzioso e solitario, il bel Patio de los Mirtos. Racchiudeva ciò che deve contenere un giardino perfetto: niente meno che l’universo intero”.
Luis Barragan
Si sa che l’architettura ha una grande capacità comunicativa e può trasmettere dei significati subliminali; ciò vale tanto più per un museo che come opera architettonica specializzata nella trasmissione dei suoi contenuti dovrebbe essere esso stesso, in quanto oggetto architettonico, il loro principale veicolatore.
Per il museo delle civiltà mediterranee, aperto al pubblico recentemente nel porto di Marsiglia, senza dubbio Ricciotti si sarà interrogato su come sia possibile far sì che un’architettura museale possa sublimare i caratteri della mediterraneità.
E’ possibile codificare questi elementi e farne la base di un processo progettuale?

Salk Institute, Louis Kahn - immagine tratta dall'album di "jacqueline.poggi" http://www.flickr.com/photos/jacqueline_poggi/5369689167/sizes/z/in/pool-86873346@N00/
Osservando l’opera si intuisce bene la volontà promozionale delle istituzioni che l’hanno voluta e quella dell’architetto, di tentare la creazione di un’icona contemporanea della cultura puntando soprattutto sull’espressività dell’involucro come elemento simbolico la cui intricatissima grafia probabilmente intendeva riecheggiare suggestioni mediorientali o forse i riflessi della superficie marina; però questo grande monolite scuro dalla superficie spugnosa, non si lascia interpretare con la necessaria immediatezza, perché questi rimandi non ci sembrano funzionare granché.
Se non
fosse per la presenza del mare e per quella dell’antica fortezza che gli sta di fronte (e che ne fa parte), il museo di Marsiglia non ha molto a che vedere con il luogo in cui sorge ed
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ha anzi, un carattere piuttosto “nordico” nel senso che rientra in quel filone minimalista con antenati illustri come la “Maison de Verre”, che a partire dalla fine degli anni ottanta del secolo scorso ha declinato le proprie realizzazioni verso la leggerezza e la trasparenza ma soprattutto, verso l’enfatizzazione dell’involucro e la compattezza stereometrica fino a queste estreme conseguenze quasi grafiche o bidimensionali.
Aldilà dell’idea, molto sfruttata per la verità, del guscio traforato a nido, nassa, gomitolo o quant’altro, ci sembra che lo spirito della mediterraneità semplicemente non sia stato trasfuso nell’opera.
Ci chiediamo allora come possa essere codificato il carattere dell’architettura mediterranea: vengono subito in mente tutti quegli elementi allusivi in modo diretto, efficaci ma anche abbastanza scontati, come l’incisività delle luce solare sulle superfici piene o i muri che delimitano spazi esterni protetti “alla Barragan” e ipotizziamo che, in questo senso forse, Ricciotti avrebbe dovuto lavorare in maniera più plastica e meno grafica per ottenere un’architettura più massiva e con più superfici cieche come ha fatto Norman Foster per il progetto del Masdar Institute, per esempio.

Salk Institute, Louis Kahn - immagine tratta dall'album di " Xavier de Jauréguiberry" http://www.flickr.com/photos/25831000@N08/4387920181/in/pool-86873346@N00/
Aldilà di tutto questo però, ci sono altri elementi ben
più importanti di quelli appena citati; un’opera pubblica come questa che si propone come nuovo polo attrattore e motore culturale, dovrebbe far emergere dal “subconscio collettivo” quelle reminiscenze profonde e quei sottili riferimenti a spazi archetipici, come l’agorà, il foro, il tempio, la piazza o il sagrato della cattedrale, “spazi aperti” che fanno parte dell’identità culturale
dei popoli dell’Europa meridionale e nei quali si è materializzata la loro socialità.
Per il Miami Art Museum Herzog e De Meuron stanno realizzando un progetto basato sulla leggerezza e sulla trasparenza, ma non tanto in senso letterale; si
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tratta più che altro di una forma di trasparenza che si potrebbe definire di tipo psicologico, di un’architettura cioè “invitante”.
L’insieme sembra voler alludere a qualcosa di simile all’iconografia mediterranea ma in
maniera vagamente classicheggiante e declinata in senso caraibico-latino ed è impostato su un podio coperto dai volumi sospesi delle sale espositive e protetto da ampie pensiline che consentono di creare un nuovo spazio pubblico dotato di profonde zone d’ombra e permeabile alla vita della città.
Insomma un’architettura aperta e “sfumata” nella distinzione
tra spazi interni ed esterni, pubblici e semipubblici e non definita da un guscio chiuso, anche se trasparente, non sarebbe stata più efficace?
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